Perché le capre venivano utilizzate nelle torture?

Nel Medioevo venivano coinvolte in una pratica barbarica nota come "supplizio della capra", perché si credeva che il loro comportamento potesse influenzare il risultato della tortura

Le capre sono animali adorabili e curiosi, ma c’è un lato oscuro della storia in cui sono state coinvolte in modi alquanto strani. Nel corso dei secoli, le capre sono state utilizzate in pratiche di tortura in modi che potrebbero sorprendere molti di noi oggi.

Nel tumultuoso panorama delle pratiche di tortura del Medioevo europeo, emergono metodi di estorsione delle confessioni che sfidano la comprensione moderna. Tra questi, il “supplicio della capra” si distingue per la sua crudele ingegnosità.

Il supplizio della capra

Una delle pratiche più note era il “supplizio della capra”, un metodo di tortura che risale al Medioevo. Durante questo processo, la vittima veniva posta su una sorta di “panchina” inclinata, legata e lasciata esposta. Successivamente, una capra veniva posta accanto alla persona legata.

L’idea era che la capra, essendo un animale nervoso e inquieto, avrebbe iniziato a muoversi in modo erratico. I contadini e gli esecutori pensavano che la capra, agitata, avrebbe in qualche modo “assorbito” la cattiva energia della persona torturata, rendendo il processo più efficace.

Ora, dal nostro punto di vista moderno, questa pratica sembra non solo crudele ma anche del tutto irrazionale. Non c’è alcuna base scientifica che supporti l’idea che una capra possa assorbire l’energia negativa o influenzare in qualche modo il destino di una persona. Tuttavia, nel contesto storico e culturale in cui si è verificato, il “supplizio della capra” era visto come un metodo legittimo di ottenere confessioni o di infliggere pene.

Il solletico della capra

Sempre nel Medioevo, in Europa, le capre venivano utilizzare per torturare allo scopo di estorcere confessioni ai prigionieri.

Immaginatevi, se potete, la scena inquietante: un malcapitato con i piedi bloccati in un ceppo, immersi in un liquido corrosivo di acqua salata. La scelta di coinvolgere una capra in questo atto sadico non è casuale. La sua sete diventa uno strumento di tortura, poiché comincia a leccare le piante dei piedi del prigioniero, inizialmente provocando una sensazione di solletico.

Ma il sadismo non si ferma qui. Man mano che lo strato di sale si esaurisce, ne viene versato altro, intensificando la sensazione pruriginosa. La lingua scabrosa dell’animale diventa un flagello che trasforma rapidamente il solletico in una tortura fisica. La pelle, abrasa dalla combinazione di lingua ruvida e sale corrosivo, subisce un dolore lancinante.

La pena continua implacabile fino a quando il prigioniero, tormentato oltre ogni limite, cede alla confessione.

 

Fortunatamente, nel corso del tempo, la società ha progredito e ha abbandonato tali pratiche barbariche. Oggi, le capre sono apprezzate per le loro qualità positive, come il latte nutriente e il loro ruolo nella sostenibilità agricola.

In conclusione, il passato ci offre spesso esempi di credenze e pratiche che possono sembrare strane e incomprensibili dal nostro punto di vista attuale. La storia del “supplizio della capra” è un ricordo oscuro di come le persone possano giungere a conclusioni assurde nel tentativo di spiegare l’inesplicabile. Fortunatamente, oggi guardiamo alle capre con occhi diversi, apprezzandole per ciò che sono veramente: affascinanti creature della natura.

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